Giuseppe D'Ambrosio Angelillo

Nato nel 1956 ad Acquaviva da una famiglia di agricoltori, Giuseppe D'Ambrosio Angelillo, morto nel 2017, è stato il più grande "cantore" della cultura contadina acquavivese e pugliese, vista soprattutto dalla sua prospettiva di emigrato nella città di Milano, nel contrasto con la realtà misera e alienata della periferia della metropoli.

Oltre a essere poeta, è stato editore di strada - vendeva i suoi libri in piazza Duomo - nonché amico di molti artisti e poeti milanesi e in particolare di Alda Merini. Studioso di filologia greca e tedesca, aveva chiamato la sua minuscola casa editrice di 44 metri quadri in via Palmieri "Acquaviva", come Acquaviva delle Fonti dov'era nato. "Ho fatto diventare editori tutti quelli del mio paese, paese di contadini, ricchi di saggezza - aveva raccontato - e quando sono arrivato qui ho ritrovato quella saggezza nel popolo minuto di Milano, quel proletariato cittadino che oggi non esiste più, spinto fuori dalla città verso l'hinterland". Sterminata la sua produzione letteraria. Di seguito una delle sue poesie.


SEMPRE COME POCO PIU' CHE NIENTE

siamo tutti nella storia dell'umanità,
chi in alto, chi in basso,
chi invisibile del tutto,
ma anche da invisibili ci siamo dentro,
nonostante tutto, nonostante niente,
nonostante tutti noi,
così maledetti,
così perdenti.

io mi sbatto come posso
tra l'aria sporca, le anime nere,
l'inverno milanese sbalordito di chissà che.
fisso i miei tetti rossi di periferia
e mangio arance, cioccolate,
le 30 canzoni più belle della settimana,
il niente.

ormai so molto bene cosa sia l'umanità,
che mi metto a ridere,
e la saluto come se fosse una vecchia zotica zitellona
rincoglionita.

mi metto qui, al quinto piano di un palazzone popolare,
e prego per la rinascita di una antica utopia,
anche lei
poco più di niente.

dico a Dio: "Ci sei?"
non mi risponde nessuno come al solito
ma io so che c'è.
anche se non credo so che c'è.
e non vi spiego il perché
altrimenti mi cancellereste dal quaderno degli amici
e non mi comprereste più i libri,
poco più di niente anche loro.

per dir la verità mi sento da molto uno sgangherato,
ma non ci penso nemmeno un po'
a dichiararmi uno sconfitto.
ieri sera ho pensato questo:
il male di questo mondo è un mostro imbattibile
e anche combatterlo non serve a niente
perché alla fine vince sempre lui.
è troppo grosso, è troppo intelligente,
non si fa vedere,
se ne sta sempre sotto di noi.
ma combatterlo fino alla fine
è il nostro destino di uomini.
se ne hai paura soccomberai lo stesso,
come se lo combatti,
e in entrambi i casi
sempre come poco più di niente.

ma il tuo destino è ciò in cui tu stesso credi,
il tuo carattere,
non la politica,
la religione.

a che serve arrendersi per l'altrui sconfitta?
se per conto tuo non ti arrendi non sei uno sconfitto,
sei uno che perde, sia pure,
ma sempre qualcuno che lotta,
anche se come poco più che niente.

adesso ascolto i comunicati della radio
e rido.
l'aria sporca, le anime nere,
l'inverno rimbambito per tutto il mondo.
e tutta quanta l'umanità
che fa la vecchia zitellona rincoglionita finta tonta.

è proprio così.
siamo tutti quanti nella storia dell'umanità,
chi bello, chi brutto,
chi impresentabile del tutto, come forse io stesso,
ma anche impresentabili ci siamo dentro,
nonostante i potenti, nonostante i cuorcontenti,
nonostante tutti noi,
così maledetti,
così perdenti.
così sempre come più che niente.

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