Museo

La mostra archeologica permanente “Salentino, alle origini della città” raccoglie circa 100 reperti databili tra il VI e III secolo a. C. rinvenuti durante la campagna di scavo degli anni 1976-79 e riferibili sia ai corredi funerari dell’abitato che all’area di culto.

Sono esposti anche il corredo di una tomba del periodo altomedievale e alcuni frammenti architettonici dello stesso periodo.

Galleria Fotografica

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ll Centro Antico, di cui si avviano i primi passi per un progetto di Piano di Recupero, è costellato dalla presenza di numerose chiesette e cappelle, piccole gemme d'arte spesso sede di antiche congregazioni; altrettanto numerosi sono i pozzi sorgivi pubblici, non più utilizzati ma al centro di un progetto di recupero e valorizzazione recentemente finanziato dal GAL SEB. Di particolare interesse l'unico tratto parzialmente conservato della cinta muraria abbattuta a metà dell'800, il cosiddetto Muro S. Angelo, e le porte di accesso alla città - Porta S. Pietro, a Nord, Porta dell'Ospedale, a SudEst.

Di particolare pregio è la chiesa di San Benedetto, il cui anno di fondazione è collocato tra il 1570 e il 1590. La fondatrice fu la “reverenda Madre donna Agata Acquaviva D’Aragona degli illustri Conti di Conversano”  in quell’epoca feudatari d’Acquaviva. Lo stile della chiesa è Tardo rinascimentale – Barocco. La facciata è bipartita: la sezione inferiore è in pietra, quella superiore in tufo. Le colonne sono di ordine toscano (Rinascimentale). Su di esse poggia una corretta trabeazione con la simbologia abaziale (mitra, e pastorale, ostensorio, eucarestia ecc.). Sul portale, domina la statua di San Benedetto con accanto il corvo contornata da ricca decorazione a festoni tipico motivo barocco. Accanto alla facciata si erge il campanile tutto in pietra. Esso poggia su un basamento formato da due sezioni: l’una di ordine toscano, l’altra con pilastri bugnati di ordine composito. All’interno un altare in legno intarsiato che riprende il tipico altare in pietra del barocco leccese, di rilevante valore, dedicato alla Madanna delle Grazie, con al centro un affresco su intonaco raffigurante la Madonna col Bambino; l’altro, sormontato da una grande tela, raffigurante la Deposizione di Gesù con ai lati S. Benedetto e S. Bernardo ed in ginocchio Santa Scolastica.

Di rilievo anche la chiesa dell’Immacolata Concezione, che sorse nel 1606 grazie alle numerose richieste da parte dei nobili acquavivesi al feudatario Giosia Acquaviva. Oltre al ricercato e prezioso settecentesco altare principale, che si erge su tre scalini marmorei e presenta un pregiato lavoro di intarsio con i marmi, nella cappella trovano posto numerose opere pittoriche tra cui spicca in particolar modo la pregevole tela, collocata nel 1608 sull’altare maggiore originario, commissionata al pittore fiammingo Gaspar Hovic, che raffigura l’Immacolata dallo sguardo pudicamente abbassato e le braccia spalancate in segno di protezione, racchiusa in una mandorla luminosa contornata da un folto corteggio di cherubini. Sullo sfondo in basso, i simboli delle litanie lauretane (da sinistra: sole, ianua coeli, torre, palma, olivo, fontana, specchio, pozzo, roseto, tempio, cipresso, albero, scale, stella, luna) e una città con mura e torri (potrebbe essere la stessa Acquaviva). Sulle pareti laterali e sulla controfacciata si trovano dipinti che raffigurano episodi della vita della Vergine.

Di grande pregio anche il monastero e la chiesa di S. Chiara, la cui datazione è attribuibile al 1661. La facciata, completata nella seconda metà del 600 si presenta divisa in due ordini: l’ordine inferiore risulta dalla fusione di elementi dorici – toscani ed elementi corinzi; nella trabeazione compaiono triglifi e metope decorate con formelle floreali, tranne le due centrali decorate con figure grottesche; l’ordine superiore è misto per la presenza di elementi dorici e jonici. La trabeazione è costituita da un semplice cornicione. Il portale è tipicamente seicentesco, sormontato da un frontone spezzato da una nicchia contenente la statua in pietra di Santa Chiara. La chiesa è a pianta centrale allungata con decorazioni a stucchi secenteschi che rivestono tutto l’ambiente. All’interno si erge l’altare maggiore in marmi policromi di squisita fattura secentesca, sormontato dalla pala d’altare della Madonna con Bambino che appare a S. Francesco e Santa Chiara, opera ad olio su tela, attribuibile a Carlo Rosa, risalente ed un anno non inferiore al 1643. A destra dell’altare maggiore, è visibile un’altra pala di Sant'Oronzo e due angeli anch’essa attribuibile allo stesso Rosa. Sulla stessa parete troviamo l’altare- reliquiario in stucco tipico barocco con al centro quattro nicchie racchiudenti i quattro busti reliquari degli evangelisti, in legno policromo recentemente restaurati, che incorniciano il grande crocifisso ligneo intagliato e indorato. Sul lato sinistro dell’altare centrale abbiamo invece il dipinto raffigurante la “Natività con adorazione dei pastori”, opera seicentesca fatta eseguire da un ignoto pittore, databile intorno alla prima metà del XVII secolo. Il pavimento della chiesa è ricoperto da bellissime maioliche napoletane decorate a mano; dinanzi all’altare centrale vi è una composizione di sedici piastrelle che raffigurano un pellicano che, colpendo il proprio petto, fa sgorgare il suo sangue alimento per i propri figli, simbolo religioso associato al Cristo che da il suo sangue per la salvezza dell’umanità, rintracciabile su diverse pissidi, paramenti sacri e tabernacoli, come quello dell’altare maggiore della Cattedrale.

La chiesa più antica del Centro storico è invece la graziosa chiesa "Sant'Angelo", da cui prende il nome anche uno dei più caratteristici angoli della città, il "Muro Sant'Angelo".  Intitolata alla Madonna della Libera presso il borgo antico della città chiamato «Civita», doveva far parte dell’antico casale S. Angelo, sorto su un piccolo colle ed isolato da altri fabbricati. La chiesa venne costruita intorno al X o XI secolo e risultò attiva fino alla metà del 1600. Intorno ai primi anni del 1700, il piccolo edificio era quasi crollato perciò nel 1714 venne ricostruito per volontà del Canonico D. Giovanni Antonio Annecchino. La cappella subì diversi rifacimenti: alla fine del 1880 venne nuovamente restaurata. In quest’occasione fu sostituito il pavimento, ricoperto con mattoni in terracotta, con altri in ceramica finemente lavorati, provenienti dalla cattedrale. Forse fu fatta la volta a botte in tufo, sostituendo le capriate in legno. Fu anche demolito il piccolo altare laterale che custodiva il quadro della Madonna della Libera. Questo venne poi sistemato sopra l’altare maggiore. La chiesa si erge ancor oggi al centro del borgo e ha una facciata semplice a capanna come nella tradizione tardo medioevale. Non ci sono ornamenti esterni, ma la scansione ritmica viene data dalle due aperture: la porta d’ingresso e la finestra; fra queste è inserita una minuscola nicchia che conteneva la statua dell’Arcangelo Michele, opera trafugata.
Vi sono all’interno quattro arcate - due per lato - contenenti tele settecentesche che descrivono scene di vita della Vergine. Nella zona presbiterale, dietro l’altare maggiore è ubicata la pala d’altare di San Michele Arcangelo che scaccia i demoni, probabilmente commissionata nel 1714 dall’Annecchino la quale doveva sostituire un altro quadro di S. Michele che era collocato sull’altare maggiore della chiesa «benchè vi si attende il nuovo». Ancora dietro l’altare è presente un bancone-armadio seicentesco, in legno intagliato con cassetti decorati a racemi. Sull’altare centrale in pietra è posta l’icona cinquecentesca della Madonna della Libera.

In via Abrusci, un tempo corso principale della città, la "Rua Longa" che collegava la Porta Nuova con la Porta San Pietro, sorge invece la chiesetta di San Rocco, fondata intorno al XIII secolo e utilizzata come luogo di sepoltura dalla famiglia Latilla, nobili proprietari e importanti benefattori di Acquaviva, che prendevano parte lì a matrimoni e battesimi.  Sopra la porta d’accesso è affrescata un’immagine di San Rocco, all’interno, in una nicchia ricavata nella parete di sinistra è collocata una statua in pietra di San Nicola di Bari, risalente con probabilità al XIII secolo. Accanto alla nicchia, sulla parete, si trova un frammento lapideo con la seguente iscrizione: “LUS FABRICARE […] CORPUS CON 1424”, probabile reliquia della lapide di fondazione parzialmente distrutta nel corso dei lavori di restauro che la chiesa avrà subito nel tempo. Sull’altare è collocata una pala policroma scolpita raffigurante la Vergine con Bambino tra i Santi Rocco e Sebastiano, firmata “Paulus Catalano 1504”.

Di notevole importanza, nel centro storico, anche la chiesa di Sant'Agostino, che ospita preziosi mosaici dell'artista ungherese Janos Hajnal.

Di notevole interesse, fuori del centro storico, la chiesa di San Domenico, la cuj fondazione si deve al Signore di Acquaviva Paride Pinelli intorno al 1617, la Cappella della Madonna del Carmine, con la volta a trullo e un affresco rappresentante la Natività del '500. La Chiesa di Santa Maria Maggiore, invece, è in stile francescano. Lo stile, inizialmente rinascimentale, fu poi modificato dall'aggiunta di stucchi barocchi. Ospita un antico organo del '700, con fiori e fregi barocchi, ricoperto in oro zecchino; l'antica tela della Beata Vergine Maria, ritenuta secondo alcune fonti, la più antica tela della città di Acquaviva, e altre importanti opere pittoriche, alcune delle quali del pittore slavo di scuola fiamminga Gaspar Hovic.

Parrocchia San'Eustachio Cattedrale

La chiesa, intitolata a Sant’Eustachio, è una delle quattro basiliche palatine della Puglia. Costruita a partire dal 1529 su volere dell’Arciprete Cesare Lambertino, grazie al sostegno economico di G. Giovanni Antonio Acquaviva e del governo cittadino, fu terminata nel 1594 e consacrata nel novembre 1623.

La struttura ha pianta longitudinale a croce latina e la parte absidale non è visibile dall’esterno perché contenuta in un muro di collegamento fra i due campanili dei quali solo uno, quello a nord, fu completato. La facciata a capanna è a due ordini tripartiti da lesene e mostra un grande portale sostenuto da due leoni stilofori e sormontato da una lunetta a bassorilievo raffigurante la conversione del santo. Il portale è affiancato da altre due porte laterali con nicchie sulle quali campeggia lo stemma della città.

Al secondo livello, domina centralmente un meraviglioso e imponente rosone rinascimentale finemente decorato; al vertice del frontone domina la scultura della Vergine Maria, protettrice della città.

Nella parte absidale si colgono elementi architettonici e decorativi che rimandano allo stile romanico ma contemporaneamente si integrano con influssi rinascimentali raccontati dalle due monofore ai piedi del campanile e in alcune parti della bifora absidale.

All’interno la cattedrale ci appare colorata e ariosa, grazie al susseguirsi di archi, di volte a vela sorrette da lunette rampanti.

Infine la cripta, elegantissima grazie alle sue 24 voltine a crociera impreziosite di stucchi colorati e  sorrette da eleganti colonne in marmo.

http://www.cattedraleacquaviva.it

Torre dell'Orologio

 

La Torre dell'Orologio nelle sue attuali forme è il risultato di un intervento di ristrutturazione effettuato fra il 1824 ed il 1825 dall'ing. Giovanni Memmola. In quegli anni, nonostante la volontà dei "decurioni" cittadini di conservare la struttura più antica, le condizioni di precarietà dell'edificio erano tali da richiedere un intervento radicale, che trasformò in forme neoclassiche l'originale impianto cinquecentesco della struttura. L'edificio, posto a cerniera delle due diramazioni di piazza dei Martiri del 1799, fu realizzato nei primi anni del ‘500 su commissione di Andrea Matteo Acquaviva, Duca d'Atri e Marchese di Acquaviva, con funzioni di palazzo del Sedile con «orologio sopraposto».

Il palazzo del Sedile era il luogo di aggregazione di coloro, di origine nobile o borghese, che coadiuvavano il feudatario nell'amministrazione della città. Nella sua conformazione originale la struttura probabilmente appariva costituita da blocchi sovrapposti, quello superiore, dove era alloggiato l'orologio, aveva una base più piccola rispetto a quello inferiore - la sede del Sedile vera e propria - e doveva poggiare, almeno in parte, sulla volta di quest'ultimo. La campana più grande, presente nel campanile a vela, sulla sommità della torre, è probabilmente la testimonianza conservata più importante della struttura originale, infatti è datata 1559 e riporta lo stemma del duca d'Atri della famiglia Acquaviva d'Aragona. Un documento settecentesco descrive l'interno del Sedile con le pareti impreziosite da affreschi «...che contenevano fra le altre lo stemma, o siano Armi reali con Bandiere, tamburri, lande, e simili». Successivamente tali pitture vengono in parte cancellate e sostituite con «le Armi delle...case Mari ed Oria», nello stesso tempo si provvede al rifacimento dell'ornamentazione esterna affrescando sulla facciata le «armi della Casa Mari e Caracciolo», inserendo «nel mezzo di tali stemmi», una lapide contenente «la iscriz[io]ne per la rifaz[io]ne» del «nuovo orologio» ed il nome del sindaco Pepe. Nel rifacimento ottocentesco il Memmola annota di aver provveduto alla pulizia dell'iscrizione del sindaco Pepe, ma anche delle «tre imprese» - di cui «due sono lo stemma del comune, e l'altra l'impresa Reale» - e della «cornice del Cavallo Pegaseo» che fanno pensare ad un ulteriore intervento sulla facciata operato forse all'inizio dell'Ottocento.

L'edificio si presenta distinto in tre livelli, sovrastati da un campanile a vela e da «due vasi etruschi» con funzione di fastigio. Il primo livello, con il paramento della facciata in bugnato, sembra voler riecheggiare la più antica facciata cinquecentesca del sedile. Sulla facciata del secondo livello, inquadrata da lesene cantonali, si conservano gli stemmi della città ed il profilo dell'iscrizione del Pepe, ormai abrasa, mentre al centro un altro stemma, sormontato da corona in ferro, non è più riconoscibile. In alcune foto dell'inizio del Novecento su questo stemma è visibile la croce sabauda. La facciata del terzo livello, fra due coppie di colonne tuscaniche, ospita la cornice con il quadrante dell'orologio. Sul fregio della trabezione l'iscrizione: LONGOS SIC VORAT HORA DIES (così l'ora i lunghi giorni divora).

Oggi l'edificio, dopo i restauri dell'arch. G. Fraccascia e dell'ing. A. Bruno, è stato riportato alla tradizionale funzione di elegante fondale della piazza.

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Tradizione musicale e la Cassarmonica

 

Nella storia culturale della città emerge la tradizione musicale. Sono stati recentemente riportati alla luce, presso l'archivio della Cattedrale, alcuni Codici Liturgici Miniati realizzati molto probabilmente da uno "scriptorium" attivo presso la Chiesa Madre fra fine del XV sec. ed inizio del XVI secolo. Uno degli autori è anche "musici clericorum" presso la stessa chiesa. Si tratta di una stupenda testimonianza, prova dell'antico attaccamento alla musica da parte della città. Nei secoli successivi aumentano considerevolmente i documenti e le testimonianze di una scena musicale dinamica e fiorente, legata soprattutto alle strutture ecclesiastiche (Cattedrale, convento di S. Benedetto, convento di S. Chiara). Si ricordano i numerosi musicisti della famiglia Festa, i più recenti cugini Cesare e Cesarino Franco, l'intellettuale musicista Sebastiano Arturo Luciani.

Si ritiene che la Banda Musicale sia stata fondata nel 1797 da Girolamo Jacobellis fu Francesco. Secondo un documento dell’Archivio di Stato di Bari, invece, la data di riconoscimento della banda è il 1805. In ogni caso, si tratta della più antica banda musicale pugliese, tra le più antiche d'Italia. Sarà’ proprio la figura del fondatore, Jacobellis, proprietario di ingenti ricchezze e vicino all’organizzazione dei Carbonari, a far affermare ad uno storico della banda (Eustachio Taranto) che essa fu “creata come strumento di propaganda contro la dominazione borbonica”. L’organico degli strumentisti era, al momento della fondazione, di 18 componenti nel 1805, invece, l’organico era di 21 suonatori. Alla fine del secolo, sotto la direzione del Maestro Emilio Rivela, eseguendo il “Saul” di Antonio Bazzini, il Concerto Musicale di Acquaviva vince il primo premio in un concorso per bande, convenute a Torino per la Grande Esposizione del 1898.

Nel 1930 fu costruita la “Cassarmonica”. La storia di questo monumento, unico esemplare di "Cassarmonica" in cemento armato insieme a quella di Rapallo, in Liguria, inizia in verità Il 20 agosto 1907, quando un manifesto invitava i cittadini di Acquaviva a contribuire alla realizzazione di un'elegante ed artistica "cassarmonica". Si voleva  onorare il Gran Concerto Bandistico della città premiato con numerosi successi in diverse zone d'Italia. Del lavoro furono incaricati ufficialmente i fratelli titolari della ditta Bellini di Bari, su proposta del canonico don Ernesto Tisci e sotto la direzione dell'ingegner Vincenzo Cirielli. L'opera, realizzata in cemento armato, è maestosa e solenne: una grande cupola è sorretta da otto robuste colonne. Una grande scultura raffigurante di Santa Cecilia e musici impreziosisce il frontone centrale. Sui capitelli delle colonne i medaglioni accolgono le riproduzioni dei profili dei più grandi musicisti pugliesi. Una grande scritta in caratteri romani domina il fascione che la percorre: LAETARE ET DISCE.

Al 1961 risale l’altro importantissimo premio concesso alla banda acquavivese. Il Maestro e Direttore Giuseppe Chielli il 25 giugno a Stoccolma dirige la Banda di Acquaviva che si classificherà prima al Concorso Internazionale per complessi Bandistisici, organizzato dal C.I.S.P.M. (Confederazione Internazionale des Sociétés populair de Musique).

Villa De Mari

 

Appena fuori dalle mura, Carlo I de Mari, nell’ultimo quarto del Seicento, fece erigere la sua villa extramoenia, circondata da un grande giardino.

L’ingresso, collocato in asse con l’edificio principale, è costituito da una monumentale porta in tufo. La facciata, su due ordini tripartiti, presenta al piano terra tre archi porticati e al primo piano tre finestre timpanate racchiuse da otto balaustre. Sul coronamento del timpano una iscrizione ricorda il committente: Carolus de Mari – Princeps – Erixit. All’interno del porticato una fontana barocca a forma di ninfeo, nella sua costruzione, riporta le effigi dei principi: le due aquile richiamano l’arma dei Doria (Geronima Doria era infatti la moglie di Carlo) e lo stemma del casato de Mari sormontato dalla corona principesca a tre punte. Sulla volta della campata centrale un affresco propone il mito di Fetonte alla guida del carro del Sole.

Palazzo De Mari

 

Frutto di ampliamenti e ristrutturazioni, incorpora l'antico castello normanno del XII secolo, del quale è ancora riconoscibile la planimetria a quadrilatero irregolare con torri angolari collegate tra loro da un muro di cinta.

Probabilmente nella prima metà del XIII secolo furono costruiti nuovi ambienti destinati a servizi e residenza; dal cortile interno, una scala permetteva l’accesso al primo piano del corpo nord tramite un piccolo portale con cornice a bauletto bugnato, conservata oggi come finestra.
In epoca angioina è probabile che il castello sia stato interessato da interventi tali da ampliare le strutture e rafforzare le difese.
Recenti scavi archeologici hanno portato alla luce un breve tratto di muro a scarpa ed una torre di forma poligonale, i quali hanno indotto gli studiosi a pensare alla presenza di un recinto fortificato utilizzato, in seguito, come fondazione delle strutture realizzate nel ‘400 con Giovanna d’Aragona e successivamente nel corso del XVI secolo con gli Acquaviva d’Aragona.
La trasformazione da castello a dimora signorile, inizia con la dinastia degli Acquaviva d’Aragona e raggiunge il suo culmine con la famiglia De Mari di Genova.
Nel 1664 il marchese Carlo de Mari acquista il feudo e l’anno successivo diviene principe di Acquaviva, titolo che la famiglia mantenne fino al 1806. In questo periodo il castello si amplia nelle superfici e nei volumi con la destinazione di spazi ad uso di sala teatrale elegante e galleria delle pitture (oggi utilizzata come sala del Consiglio Comunale) e si arricchisce negli addobbi caratterizzati dai flussi artistici dell’epoca: cornici, maschere apotropaiche e viste prospettiche. Il cortile interno viene modificato con la demolizione della torre ottagonale e la trasformazione del “corrituro scoverto” in un raffinato e maestoso loggiato su cui campeggia lo stemma della famiglia.

ALA NORD

Inaugurata il 28 maggio 2009, l’ala nord di Palazzo de Mari, è stata oggetto di un radicale restauro durato dal luglio 2007 a dicembre 2008 che ha portato alla luce non solo locali bellissimi architettonicamente e poderose strutture murarie di collegamento con il vecchio castello, ma anche un bellissimo affresco di Madonna con figlio e con santi, molto ben conservato, perché nascosto dietro un muro, sulla cui datazione ed attribuzione sta investigando la Sopraintendenza ai beni artistici di Puglia.

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La Natura

Attualmente sono parte integrante del territorio comunale l'area SIC "Murgia Alta” (contrada Parchi della Corte, isola comunale fra i territori di Gioia del Colle-Santeramo) e l'area SIC "Bosco di Mesola" (contrade Collone, Cortomartino, Primocielo, fra i comuni di Acquaviva delle Fonti, Santeramo in Colle e Cassano delle Murge).
Il SIC “Bosco di Mesola” ha un’estensione di 3028 ettari e si trova al confine tra i comuni di Acquaviva delle Fonti, Cassano delle Murge e Santeramo in Colle. L’area, carsica e archeologica, è caratterizzata dalla presenza di molte specie di rapaci, notturni e diurni, tra cui il celebre falco grillaio, di numerose varietà di orchidee anche rarissime e di alcune querce protette come la roverella e il fragno.
Simili sono la flora e la fauna del Sic "Murgia Alta", che ospita il "Parco della Corte" e il "Bosco della Vallata", dove fu ucciso nel gennaio del 1863 il brigante "Sergente Romano", per il quale è stato eretto un cippo commemorativo.  Anche nel Sic "Bosco di Mesola" insiste, in territorio di Cassano delle Murge, a poco più di un chilometro da Acquaviva, il "Parco dei Briganti", richiamo alla frequentazione di quei luoghi da parte del brigante cassanese Vito Servodio - dove, in perfetta armonia con le norme del P.d.G. del SIC - sono stati realizzati percorsi per attività fisiche e terapeutiche (percorsi sospesi sugli alberi, gite in mountain bike, soft air, percorsi a cavallo, percorso hebert, percorso a piedi nudi, trekking, nordic walking, orienteering) immersi in un salutare contesto naturalistico.

Presentazione sintetica di Acquaviva la sua storia, il suo Patrimonio

E' molto probabile che le origini di Acquaviva delle Fonti siano comuni a quelle di altri antichi villaggi, noti grazie alle ricerche archeologiche, e presenti sul proprio territorio comunale, come gli insediamenti peuceti, ricordati anche nella tradizione orale, di Ventauro e di Salentino. Gli scavi svolti nella Cattedrale e nella contigua Piazza dei Martiri del 1799 hanno, infatti, restituito, fra i tanti, reperti ascrivibili alla stessa "cultura" degli insediamenti succitati, dimostrando così la presenza nell'attuale contesto urbano di una frequentazione di epoca peuceta (almeno IV sec. a.C.).
Il toponimo "Aquevive" compare nelle fonti scritte medievali fra XI e XII sec. quando la città è infeudata al conte normanno Cornulo. Con l'Unità d'Italia si è poi reso necessario aggiungere "delle Fonti" per evitare confusione con altre città omonime.
Nei secoli finali del medioevo le vicissitudini della città seguono le sorti di gran parte della regione: alla dominazione dei feudatari normanni, seguirà quella della dinastia sveva, agli angioini le rivolte baronali e le guerre dinastiche che porteranno all'avvento degli aragonesi.
Il XVI secolo, epoca in cui Acquaviva è signoria dei duchi d'Atri "Acquaviva d'Aragona", rappresenta uno dei periodi di maggior floridezza della città: a quest'epoca si fanno risalire la costruzione della Cattedrale, la risistemazione del castello in Palazzo Signorile, l'edificazione del "Sedile" (attuale Torre dell'Orologio), la realizzazione della grande Piazza (oggi Piazza dei Martiri del 1799), l'ampliamento o l'avvio della costruzione di importanti complessi monastici come S. Benedetto, S. Francesco, S. Maria Maggiore.
Nel 1614 il marchesato di Acquaviva, all'epoca sotto la signoria di Alberto Acquaviva d'Aragona, per insolvenza dei debiti dello stesso, fu messo in vendita. Mezzo secolo di alterne vicende portarono il feudo, nel 1664, nelle mani di una ricca famiglia di banchieri genovesi i De Mari. Carlo I e i suoi eredi furono signori di Acquaviva per un secolo e mezzo, a essi si deve la trasformazione strutturale del castello in un vero e proprio Palazzo Principesco dalle forti ascendenze barocche.
La città di Acquaviva fu tra le prime del regno ad accogliere gli ordinamenti repubblicani, cosa facilmente spiegabile se si pensa al fatto che alla fine del XVIII sec. fioriva un cenacolo di uomini illustri, di estrazione medio-alta, che introdussero le nuove idee rivoluzionarie. Francesco Antonio Pepe fu addirittura eletto membro del Governo Provvisorio insediatosi a Napoli all’entrata delle truppe francesi. Il 5 febbraio 1799 la cittadinanza riunita nella pubblica piazza decide di piantare l’Albero della Libertà a memoria dell’abolizione dell’antico servaggio. Il 31 Marzo, nonostante l’eroica resistenza dei repubblicani asserragliati nelle mura, grazie ad un tradimento, le truppe sanfediste irrompono in città e si dedicano al massacro e alle depredazioni. I sostenitori delle idee rivoluzionarie furono trucidati e bruciati sotto l’Albero della Libertà.
Lo stemma comunale raffigura, su sfondo azzurro, una fontana monumentale d’argento a due vasche sovrapposte e a due zampilli cadenti dai due lati.
L'evoluzione storico-antropologica del territorio non può prescindere dal sistema delle "lame", a esso sono strettamente connesse le evidenze relative alle prime tracce di popolamento del territorio (si ricordano il contesto del Paleolitico superiore della Grotta di Corto Martino, nonché le stazioni dell'età del Bronzo a Monticelli, Lago dell’Arciprete e Parco Procino). All'acqua e al suo sfruttamento sono riconducibili gli insediamenti peucezi delle località Salentino, Ventauro e Conetto, che gravitavano nel comprensorio dell'insediamento di Monte Sannace (Gioia del Colle). Per la sua posizione strategica, il territorio di Acquaviva è molto probabilmente interessato dall’attraversamento dell’antico percorso dall'Adriatico (Bari) verso l’area jonica (Taranto), poi ‘via per compendium a Varis Tarentum’. Importante la presenza segnalata di insediamenti produttivi di Età Romana (località Baronaggio, Il Monte e Masseria Capitolo).
L'economia basata su un uso agricolo-pastorale del territorio, fondata sulla villa (fattoria romana) prima ed evolutasi in epoca medioevale nelle masserie, si protrae ininterrottamente fino agli inizi del XX secolo. Il sistema dei tratturi ufficiali, e dei tratturelli locali, ne costituisce l'infrastruttura di collegamento, le masserie, le poste, gli jazzi, le piscine, ecc. quella dei servizi.
Fondamentali, per l'economia e per l'evoluzione del paesaggio, le quotizzazioni di vaste aree nella parte meridionale del territorio appartenenti un tempo alla chiesa o al demanio, realizzate fra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento (Difesa della Terra, Cortomartino, Monticelli, Marchesana).

A cura di Austacio Busto

Acquaviva delle Fonti

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NR ABITANTI E COLLOCAZIONE GEOGRAFICA

ABITANTI: 21.000 | A 23,4 km a sud-est di Bari, tra il capoluogo e le prime colline della Murgia.

BREVE INTRODUZIONE/CENNI STORICI

Sorta nell’Alto Medioevo sui resti di un villaggio peuceta di età preromana, Acquaviva deve il nome alla vasta falda acquifera che per secoli ha attirato le genti della “Siticulosa Apulia” di Orazio. L’acqua sotterranea, che ancor oggi si può “spiare” dai pozzi del Centro Antico, ha reso fertili i terreni e conferisce oggi la tipica, dolce freschezza alla rinomata Cipolla Rossa. L’importante tradizione religiosa è testimoniata dalle suggestive chiesette dei vicoli, dalla Festa della Madonna con il rito del “lancio del Pallone” e dalla Cattedrale che, con il suo bel rosone e la preziosa cripta dai sontuosi altari argentei, sfida da piazza dei Martiri l’elegante Palazzo De Mari, antico castello Normanno poi residenza principesca dei banchieri genovesi De Mari e oggi Municipio. Piazza Vittorio Emanuele mostra l’unica Cassarmonica in muratura dell’Italia centromeridionale, monumento alla Banda Musicale, fondata nel 1797, che nel suo curriculum vanta premi a Istanbul e Stoccolma. La città ospita anche il più grande Osservatorio Astronomico pugliese.

LE ECCELLENZE ENOGASTRONOMICHE:

  • LA CIPOLLA ROSSA
  • IL CECE NERO
  • IL VINO PRIMITIVO

Ad Acquaviva esiste la più ampia popolazione di alberelli di Primitivo Gioia del Colle di tutta l’area interessata dalla Doc. La produzione di questo tipo di vino arriva ad Acquaviva intorno al 1820 e trova condizioni pedoclimatiche ideali – anche a causa della presenza di acqua nel sottosuolo – che ne consentono una notevole diffusione. Il rilancio delle produzioni, che erano state in parte abbandonate, avviene nei primi anni Duemila grazie alle cantine Chiaromonte e Polvanera, quest’ultima sul territorio di Gioia del Colle. Oggi il Primitivo di Acquaviva è ritenuto di particolare eleganza e longevità ed è di grande interesse sul piano enologico. Grazie al contenuto di polifenoli, a dosi moderate può avere effetti positivi sul sistema cardiovascolare. Di recente si sta promuovendo un censimento degli alberelli, per la creazione di un parco che ne garantisca la valorizzazione e la tutela.

LE BUONE PRASSI

Il Comune sta realizzando un impianto di Riuso delle Acque Reflue, dal valore di 3,6 milioni di euro, che sarà gestito dalla cooperativa di agricoltori “La Molignana”, e un ecomuseo, “Luoghi dell’Acqua e della Terra”, dedicato alla memoria storica dell’uso alimentare e agricolo dell’acqua. L’amministrazione ha anche istituito la commissione per la De.Co., la denominazione comunale dei prodotti, e sta avviando progetti per l’assegnazione a disoccupati dei terreni incolti. Particolarmente attiva nella promozione del territorio è la Pro Loco “Curtomartino”, mentre il Centro sociale per gli Anziani organizza spesso balli tradizionali e laboratori di cucina con i piatti poveri della cultura contadina. Recentemente, si è costituito anche un consorzio di produttori, “Qualità Tipica Puglia”, che ha stretto un accordo di collaborazione con il Dipartimento di Chimica dell’Università di Bari per sviluppare nuovi metodi di analisi per la tutela e la valorizzazione dei prodotti agroalimentari tipici. Acquaviva è Presidio Slow Food (per la Cipolla Rossa, il Cece Nero e lo Sponzale) grazie all’Associazione “La Vera Cipolla Rossa di Acquaviva”, coinvolta anche in un progetto di ricerca con BioDiverso. Da segnalare, inoltre, le iniziative di trasformazione della cipolla (confetture, in agrodolce, eccetera) avviate dalla Dolceria Sapone. I produttori, inoltre, stanno recuperando un’antica varietà di ciliegia, la “Colafemmina”, tipica del territorio acquavivese. E’ stata anche avviata, a cura dell’azienda la Pecheronza, la produzione di miele biologico, mentre le cantine Chiaromonte e Polvanera hanno dedicato linee di produzione biologica di Vino Primitivo. Inoltre, è stata ripresa un’antica ricetta contadina, il “Nettare di Vino”, un vino liquoroso a base di Primitivo di Acquaviva, amarene e mandorle. Il rilancio dell’attività agricola ha permesso anche l’attivazione di un indirizzo Tecnico Agrario da parte dell’Istituto Rosa Luxemburg. Gli studenti potranno esercitarsi sui terreni agricoli confiscati alla criminalità organizzata messi a disposizione dal Comune.

Acquaviva delle Fonti

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BRIEF INTRODUCTION / HISTORICAL

Founded  in the Middle Ages on the ruins of a pre-Roman village of the Peuceti people, Acquaviva gets its name from the groundwater layer which has attracted over the centuries the population of the “Siticulosa Apulia” described by Horace. The underground water, which you   can “spy” from the wells of the historic centre, has made this land fertile and still gives the famous Red Onion its typical sweet and fresh taste.

The religious heritage is evident in the charming little churches in every alley of the Old Town, in the celebrations in honour of the Virgin Mary culminating with the traditional launch of the hot-air balloon, and in the Cathedral, with its beautiful rose window and the sumptuous silver altars in the crypt.

In the same square, just opposite the Cathedral, the secular counterpart Palazzo de Mari, a former Norman castle, then home of the Genoese family of bankers De Mari, and Town Hall today.
In Piazza Vittorio Emanuele stands the only stone Cassarmonica in central-southern Italy: it hosts the performances of the town band, founded in 1797, which has won several awards, even in Istanbul and Stockholm. The town also features the most important astronomical observatory in Apulia.

OUTSTANDING FOOD AND WINE:

  • Red Onions
  • Black Chickpeas
  • Primitivo Red Wine

The countryside of Acquaviva is the largest vineyard site in the area of the Controlled Origin Designation (DOC) for the “Primitivo Gioia del Colle”.
The production of this wine started around 1820 as the climate, the soil and the presence of underground water in the area have proven to be well suited for this grape variety; after being partially discontinued, the production was reintroduced by the wineries Chiaromonte and Pulvanera, the latter operating in the area of Gioia del Colle. Today the Primitivo is largely appreciated as a wine of particular elegance and longevity whose  balanced content of polyphenols may be helpful for the reduction of cardiac and circulatory disease risk. In recent years a vineyard census has been made in order to create a protected zone for its promotion and safeguard.

GOOD PRACTICES

The local administration is building a sewage recycling plant, worth 3.6 million euro, which will be managed by the farmers cooperative la Molignana and an eco-museum,  Places of Water and Earth, dedicated to the employ of water in food and agriculture in the past. The town council has also set up a committee for De.Co  (Local product designation) and is starting a project directed toward distributing uncultivated pieces of land to the unemployed.
The local  tourist office Curtomartino is particularly dynamic in the promotion of the area, and the senior citizens centre organizes traditional dance and peasant food cooking workshops.
A newly founded consortium of farmers, “Qualità Tipica Puglia”, has signed a cooperation agreement with the Department of Chemistry of Bari University aimed at safeguarding and promoting traditional food and crops.
With its Red Onion,  Black Chickpea and the “sponzale” (the local scallion), Acquaviva is a member of  Slow Food through the association “La vera cipolla rossa di Acquaviva” (The genuine red onion of Acquaviva) which is also involved in  a research project on biodiversity.
Dolceria Sapone has specialized in processing the local onion (onion jam, sweet and sour onions and so on)
Farmers are trying to reintroduce the cultivation of an old typical variety of cherry, the “Colafemmina”;  La Pecheronza has started the production of organic honey; the wineries Chiaromonte and Pulvanera produce a line of organic Primitivo and have revived an old country recipe, the “Nectar”, a fortified wine made with Primitivo, black cherries and almonds.
Such a revival of agriculture has allowed the establishment of the Technical School for Agriculture Rosa Luxemburg where students will learn about farming  on lands confiscated from organized crime businesses.

Translated by the students of IISS Colamonico Chiarulli, 4-5 AFM